N. 04731/2014 REG.PROV.COLL.
N. 06319/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Nel giudizio introdotto con il ricorso 6319/13, proposto da Moby S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, assistita e difesa dagli avv. ti Caravita di Toritto, Carnevale e Tesauro, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via di Porta Pinciana 6;
contro
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, assistita e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge;
nei confronti di
Forship S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, assistita e difesa dagli avv. ti Tavella e Fabrizi, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Ludovisi 16; l’Unione Nazionale Consumatori, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum:
la Regione Sardegna, in persona del presidente pro tempore, assistita e difesa dagli avv. ti Ledda, Sau, Bellitti e Roberti, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, foro Traiano 1/A;
Associazione indipendente consumatori Altroconsumo, in persona del legale rappresentante pro tempore, assistito e difeso dagli avv. ti Scorza, Martinello e Afferni, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via dei Barbieri 6;
per l'annullamento
del provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, pubblicato in data 14 giugno 2013 sul sito web, e notificato a Moby S.p.A. in pari data, relativo alla conclusione del procedimento I743 - Tariffe Traghetti da/per la Sardegna, recante la condanna nei confronti della predetta Società al pagamento di una sanzione pari ad € 5.462.310 per asserita violazione dell'art. 101 del TFUE.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, di Forship S.p.A., della Regione Sardegna, e di Altroconsumo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2014 il cons. avv. A. Gabbricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
A. Concluso un procedimento, recante il n. I743, avviato nel maggio 2011, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato – Antitrust ha stabilito che, in violazione dell'art. 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (T.F.U.E.), le società di navigazione Moby, Grandi Navi Veloci (G.N.V.), S.N.A.V. e Marinvest, secondo accordi tra loro intercorsi e mediante un parallelismo di condotte, nella stagione estiva 2011 avevano incrementato in media del 65% i prezzi del trasporto marittimo di linea per passeggeri nei collegamenti da e per la Sardegna, sulle tratte Civitavecchia-Olbia/Golfo Aranci, Genova-Olbia, Livorno-Olbia/Golfo Aranci e Genova/Vado Ligure-Porto Torres.
B. Il provvedimento conclusivo, notificato a partire dal 14 giugno 2013, reca la condanna di ciascuna delle quattro società al pagamento di sanzioni pecuniarie determinate in importi diversi e pari a € 5.462.310 per Moby, a € 2.370.795 per G.N.V., a € 231.765 per SNAV e a € 42.575 per Marinvest; contestualmente è stato escluso che una quinta compagnia di navigazione, Forship S.p.A. (rotta Livorno-Olbia) fosse parte dell’intesa, pur avendo anch’essa aumentato le proprie tariffe per quell’anno.
C. Avverso il provvedimento in questione Moby ha proposto il ricorso in epigrafe, censurandolo sotto molteplici profili.
Si è costituita sia l’Autorità sia la Forship; sono inoltre intervenute in causa ad opponendum la Regione Sardegna e l’associazione Altroconsumo.
DIRITTO
1.1. Per individuare il principale thema decidendum della controversia conviene procedere dal secondo motivo di ricorso (violazione degli artt. 101 TFUE e 2 della l. 287/90; insussistenza dei presupposti per la configurazione di pratiche concordate; erroneo inquadramento della fattispecie e difetto di motivazione).
1.2. La ricorrente Moby S.p.a. rammenta come, a sostegno dell'asserita intesa restrittiva della concorrenza, il provvedimento affermi la sussistenza di un “parallelismo di condotte, nella stagione estiva 2011, da parte di Moby, GNV e SNAV, le quali hanno tutte applicato incrementi significativi dei prezzi, generalmente superiori al 65%”: l'aumento contemporaneo dei prezzi esprimerebbe la volontà, per quelle imprese, di concertare le strategie di mercato.
1.3. Per vero, l’Autorità ammette che, stante l’elevato livello di differenziazione dei prodotti, non è ravvisabile sul mercato un unico livello di prezzo per ciascun operatore, né le tariffe complessivamente praticate dalle compagnie interessate si presentano omogenee.
Tuttavia, seguita Moby, anziché “analizzare i singoli modelli di business” e verificare la razionalità delle scelte operate, l'A.G.C.M. ha fondato la propria analisi sui ricavi medi unitari per passeggero, considerando tale valore una “proxy del prezzo medio unitario praticato dalle imprese”: una variabile proxy è un “indicatore statistico che descrive il comportamento di un determinato aggregato economico non osservabile direttamente”.
1.4. Peraltro, secondo la ricorrente, il provvedimento finale non considera:
- le tariffe effettivamente praticate dalle diverse compagnie sulle singole rotte nelle diverse stagioni interessate;
- le offerte commerciali (promozionali e non) dalle stesse operate e della conseguente differenziazione dei prodotti;
- le operazioni tecnico-economiche mediante le quali l'Autorità è addivenuta all'elaborazione di siffatti dati.
Per vero, ad avviso di Moby, l'assenza di tali elementi, idonei a chiarire le ragioni del provvedimento impugnato, dovrebbe condurre all'annullamento del provvedimento impugnato per violazione dei basilari principi concernenti l'obbligatorietà della motivazione.
1.5.1. In ogni caso, il metodo utilizzato per accertare il parallelismo dei prezzi sarebbe erroneo, in quanto l'Autorità ha ricavato l'indizio economico non già comparando i dati (quali tariffe, singole offerte, voci di costo, segmentazione della domanda), ma utilizzando il parametro del ricavo medio unitario.
Quest’ultimo, infatti, secondo la ricorrente, sarebbe “inidoneo a rappresentare la struttura dei piani tariffari” e inadeguato “a soddisfare lo standard probatorio richiesto dall'art. 2 della L. 287/90”, a fronte della riscontrata pluralità di prodotti e di servizi offerti. Si pensi al caso di una riduzione dell’offerta diurna, per definizione meno costosa di quella notturna, per cui il prezzo medio aumenterebbe, senza modifica delle tariffe; ovvero a quello di aumento dei prezzi per le coppie, e contestuale diminuzione dei prezzi per il nucleo famiglie (due adulti, due bambini e un'auto): se, in seguito, il servizio fosse acquistato da più famiglie e da meno coppie, il prezzo medio risulterebbe diminuito, nonostante l'aumento per le coppie.
1.5.2. A sua volta, il tasso d'incremento tariffario è stimato in oltre il 65% senza una sufficiente motivazione; inoltre, contrariamente a quanto dedotto nel provvedimento impugnato, esso “varia da compagnia a compagnia all'interno di una forbice compresa tra il 50% ed il 150%”, e costituirebbe la conseguenza dei normali meccanismi competitivi
1.5.3. Circa questo secondo punto, le rilevanze istruttorie evidenzierebbero l'assenza di omogeneità e la conseguente variabilità degli aumenti tariffari praticati dalle compagnie di trasporto marittimo nel periodo d’interesse, sì da escludere una pratica concertativa.
Ad esempio, continua la ricorrente, confrontando le tariffe praticati nel 2011 e nel 2010 da essa e da GNV “emerge che queste ammontano, rispettivamente, a 110-120 Euro e 80-90 Euro sulla rotta Genova-Olbia ed a 90-100 Euro contro 80-90 Euro sulla rotta Genova-Porto Torres”: e “un differenziale di prezzo tra compagnie che oscilla tra circa il 33% e 1'11%, in una alla differente entità degli aumenti praticati”, costituirebbe “la prova provata dell'autonomia delle parti ed impedisce di ravvisare un indizio economico della pratica concordata”.
1.6.1. L’Autorità, sempre per dimostrare l’accordo preventivo, rileva l'incongruenza tra l'aumento dei ricavi totali delle imprese attive a fronte della diminuzione dei passeggeri registrata nel 2011: ma l'aumento dei ricavi, anche a fronte di una diminuzione del traffico di passeggeri, sarebbe “il naturale riflesso della politica di incremento delle tariffe”.
1.6.2. La complessiva tenuta delle quote in valore, assieme alla variazione negativa di quelle in volume, confermerebbe le precedenti osservazioni: gli incrementi tariffari operati da Moby non intendevano accrescerne la posizione sul mercato, né formalizzare un patto di non concorrenza con le altre compagnie, ma solo “garantire la continuità aziendale” e “fronteggiare il contesto di crisi economica che ha investito il comparto del trasporto marittimo”.
1.6.3. L'aumento delle tariffe, con il conseguente spontaneo e fisiologico adeguamento da parte dei competitor sarebbe stata “una doverosa scelta del management tesa a garantire il risanamento e la continuità aziendale (art. 2423 bis c.c.)”, arrestando l'impatto negativo sui conti, che i ripetuti aumenti del costo del carburante avrebbero prodotto sui bilanci a partire dal 2008.
1.7.1. In ogni caso, prosegue la Moby, anche assumendo l'esistenza di un parallelismo delle condotte, questo non sarebbe anomalo, in considerazione delle caratteristiche strutturali dei mercati di riferimento e dei meccanismi di funzionamento del settore del trasporto marittimo.
1.7.2. Attualmente questo è caratterizzato da un elevato grado di trasparenza, tale da consentire la reciproca conoscenza dei principali fattori di costo e dei prezzi praticati; vi operano pochi soggetti, tutti in situazione di sofferenza finanziaria e che offrono servizi omogenei in regime di sostanziale oligopolio.
1.7.3. Così, anche senza un preventivo accordo, quando un concorrente aumenta le sue tariffe, gli altri reagiscono aumentando a loro volta i prezzi praticati, per adeguare la propria struttura dei ricavi a quella dei costi, consapevoli che una concorrenza aggressiva innescherebbe immediatamente un'analoga reazione dei rivali che deprimerebbe gli utili, senza necessariamente offrire l'opportunità di accrescere la propria quota di mercato.
1.7.4. Così, un parallelismo delle condotte può essere considerato come frutto di un'intesa anticoncorrenziale solamente qualora non si possa spiegare alternativamente la condotta parallela come frutto plausibile delle iniziative imprenditoriali.
2.1.1. Il terzo motivo di ricorso si riallaccia all'ultima osservazione e costituisce la prosecuzione del precedente; è intitolato alla violazione degli artt.101 TFUE e 2 della l. 287/90, all’insussistenza degli elementi endogeni ed esogeni idonei a dimostrare l'intesa restrittiva, al difetto di istruttoria e carenza di motivazione, all’eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e ingiustizia manifesta.
2.1.2. Il provvedimento impugnato avrebbe considerato rilevanti, ai fini antitrust, contatti e scambi di informazioni tra imprese, estranei ad una intesa collusiva; inoltre, non avrebbe assolto all'onere di dimostrare l'assenza di spiegazioni alternative idonee a sopportare l'ipotesi accusatoria.
2.1.3. Una "pratica concordata", osserva la ricorrente, richiamando la giurisprudenza interna e comunitaria, è una forma di coordinamento tra imprese che, senza essere spinta fino all'attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza: affinché si realizzi, è necessario che comportamenti costanti, uniformi e paralleli siano il frutto non d’iniziative unilaterali, ma di una concertazione, e siano insuscettibili di una spiegazione alternativa rispetto allo scopo anticoncorrenziale.
2.1.4. L’esistenza dell’illecito, oltre che risultare da documenti, può anche essere dimostrata per indizi, distinguendo tra elementi endogeni, afferenti l’anomalia della condotta delle imprese, non spiegabile secondo un fisiologico rapporto tra di loro, ed elementi esogeni, quali l'esistenza di contatti sistematici tra le imprese e scambi di informazioni.
In presenza di elementi di prova endogeni si ritiene spettare all'Autorità l’onere di dimostrare l'irrazionalità della condotta e l'attitudine dell'ipotesi accusatoria a giustificare la fattispecie contestata.
Invece, l'onere della prova può subire un'inversione in capo alle parti per quanto attiene agli indizi esogeni, e solo in presenza di un sistematico scambio di informazioni tra imprese, in relazione alle quali vi sono ragionevoli indizi di una pratica concordata anticoncorrenziale, grava sulle imprese indagate l'onere probatorio di una diversa spiegazione lecita delle proprie condotte.
2.2.1. In ogni caso, l’ipotesi accusatoria potrà essere accolta, quando risulti l'unica in grado di giustificare i vari elementi, o sia comunque nettamente preferibile rispetto ad ogni altra interpretazione alternativa: così, per dimostrare l'esistenza di una pratica concordata sarebbe necessario un elemento aggiuntivo rispetto alla semplice uniformità delle condotte, tale da suffragare l'esistenza di un comportamento illegittimo.
2.2.2. In specie, secondo la Moby, l’A.G.C.M. non solo avrebbe mancato all'onere di provare l'esistenza di indizi endogeni, ma, per di più, avrebbe trasferito il relativo onere sulle parti; ancora, avrebbe “immotivatamente ed erroneamente considerato qualificati dei contatti tra imprese (indizi esogeni), i quali in realtà sono del tutto estranei alla fattispecie”.
2.3.1. Anzitutto, l’Antitrust ha attribuito valenza indiziaria a due "occasioni di contatto" che avrebbero avuto la funzione di "consolidare gli esiti collusivi"' già altrimenti realizzatisi.
2.3.2. Si tratta, anzitutto, della partecipazione da parte di Moby, GNV e SNAV (queste ultime tramite la controllante Marinvest) alla procedura di privatizzazione di Tirrenia, nell'ambito della quale sarebbe intervenuto uno scambio circa le "rispettive politiche tariffarie".
2.3.3. Ancora, si fa riferimento a due intese tra Moby e GNV sulle rotte Civitavecchia-Olbia e Genova - Porto Torres, (§ 157 del provvedimento): la prima di code sharing (un accordo tra vettori, dove uno dei due commercializza i servizi forniti da un altro, per cui, comprando un biglietto dall’uno, si può essere trasportati anche sui traghetti dell’altro), e l’altra per indirizzare verso Moby i clienti di GNV, la cui domanda non poteva essere direttamente soddisfatta.
2.4.1. Peraltro, secondo la ricorrente, gli elementi in parola non sarebbero gravi, precisi e concordanti, e idonei, in assenza di giustificazioni alternative, a rivelare l'esistenza di una concertazione: mancherebbe un’attività per lo scambio di informazioni, preordinata alla definizione di una strategia convergente, o documenti idonei a dimostrare l'esistenza di una concertazione inerente le politiche tariffarie.
2.4.2. Invero, per quanto i contatti tra Moby e GNV/SNAV, nell'ambito della privatizzazione di Tirrenia, nulla comprova che, in tale occasione di contatto, le imprese abbiano perseguito uno scopo collusivo, e non abbiano invece inteso realizzare un'operazione del tutto distinta: la costituzione dell'impresa comune Compagnia italiana di navigazione -C.I.N., che ne è conseguita, da sola non dimostra alcun meccanismo di concertazione.
2.4.3. L'Autorità, comunque, non avrebbe fornito alcun indizio probante l'esistenza di un preciso meccanismo di concertazione, e Moby avrebbe dimostrato già nel procedimento l’irrilevanza dei documenti che, secondo l’A.G.C.M., avrebbero potuto corroborare la tesi della rilevanza degli scambi di informazioni avvenuti in sede CIN.
Per l’Autorità, tuttavia, la mera esistenza di un contatto tra i soggetti coinvolti, a prescindere dai contenuti e dal periodo di riferimento sarebbe sufficiente indizio di un accordo collusivo: senza considerare come ciò evidenzi solo come le imprese abbiano avuto dei rapporti imprenditoriali, presumibilmente finalizzati all’impostazione dell’accordo.
2.4.4. Per quanto invece riguarda gli accordi commerciali tra Moby e GNV, cui si è già accennato, I'A.G.C.M. gli attribuisce la funzione di consolidare gli intenti collusivi già raggiunti per le rotte Civitavecchia-Olbia e Genova-Porto Torres, per le quali il nuovo operatore Saremar, nella primavera 2011, annunciava una politica di prezzi aggressiva.
2.4.5. Invero, per quanto concerne l'accordo di code sharing, tale fattispecie non ha valenza intrinsecamente illecita, costituendo un preciso onere dell'Autorità verificare "caso per caso" se tali schemi negoziali possano o meno assumere valenza collusiva: qui non sono stati offerti elementi che confermino l'esistenza della pratica concordata.
2.4.6. Irrilevante sarebbe anche l'accordo del 15 giugno 2011, per cui, come detto, GNV ha effettuato prenotazioni e venduto biglietti per le navi di Moby, sulla linea Genova —Porto Torres per una commissione pari al 20%.
Tale accordo, e il preteso deflusso della clientela da altre compagnie, non si differenzierebbe da quanto si verifica per analoghi accordi di commercializzazione, conclusi da altre compagnie, e non considerati per tali come anticoncorrenziali.
2.5.1. L’A.G.C.M., con riguardo agli elementi endogeni, ha tra l’altro affermato che "né l'elasticità della domanda, né la trasparenza del mercato, né l'incremento del costo del carburante, né, infine, le perdite subite dagli operatori sono risultati elementi idonei a giustificare la contestuale impennata dei prezzi dei traghetti per la Sardegna nella stagione estiva 2011": le parti non avrebbero "fornito una dimostrazione tecnico-economica plausibile dell'anomalo comportamento commerciale assunto solo nel 2011, né hanno prodotto analisi supportate da dati aziendali atte a suffragare la tesi della autonoma e consapevole scelta di incrementare in modo rilevante i prezzi".
2.5.2. Da tali affermazioni la ricorrente desume come l’Autorità, in contrasto con la prevalente giurisprudenza, abbia indebitamente trasferito l’onere probatorio sulle imprese sottoposte al procedimento, quando invece le spettava di comprovare come l'ipotesi accusatoria fosse l'unica in grado di giustificare i vari elementi, o comunque quella nettamente preferibile, rispetto ad ogni ipotesi alternativa.
Si sarebbe invece limitata ad una mera e aprioristica confutazione dei dati forniti dalle stesse imprese, fondata su argomentazioni erronee ed insufficienti a dimostrare l'esistenza di una condotta lesiva imputabile a Moby.
3.1.1. Orbene, ricorda intanto il Collegio come l’art. 101 del T.F.U.E. (ma egualmente l’art. 2 della l. 287/90) stabilisca che sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni d’imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno: e, secondo l’A.G.C.M., in questo caso tali contatti si sarebbero realizzati e avrebbero preso la forma della pratica concordata.
3.1.2. Questa, rispetto all’accordo, costituisce un minus che prende la forma di coordinamento tra imprese: senza spingersi fino all'attuazione di un vero e proprio accordo, determinato con un espresso consenso, “sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza” (C.d.S., VI, 13 maggio 2011, n. 2925).
3.1.3. Invero, perché il parallelismo dei comportamenti tra più imprese divenga una condotta abusiva è necessario che esso sia concordato: dunque, per irrogare una sanzione è necessaria una prova, diretta o presuntiva, di una concertazione tra le imprese, ossia di un flusso informativo tra le stesse che precede e può persistere con il dato oggettivo del comportamento, ed è funzionalmente adeguato a provocarlo.
3.1.4. È invece indubbio come, in generale, ciascun operatore sia libero di modificare come vuole i propri prezzi, e possa tener conto, a tal fine, delle condotte attuali o prevedibili dei suoi concorrenti: l’autonomia permette agli operatori di "adattarsi intelligentemente al comportamento che i loro concorrenti tengono o presumibilmente terranno", purché fra gli operatori stessi non abbiano luogo contatti diretti o indiretti sfocianti nella definizione congiunta di una ben precisa linea d'azione (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. V, 2 ottobre 2003, in procedimento C-179/99 P).
3.2.1. Ora, il Collegio deve anzitutto rilevare come vi sia, nella vicenda in esame, un solo dato incontestabile, e cioè che nel 2011 le tariffe dei traghetti per la Sardegna sono cresciute in misura sensibile: nel senso che l’utenza – e così i soggetti che le sono contigui, come le associazioni di consumatori e la Regione Sardegna – ha generalmente percepito l’aggravio come eccedente l’incremento annuale ragionevolmente atteso in quel tempo per prestazioni simili.
3.2.2. Ciò posto, è non solo problematico, ma addirittura impossibile, determinare analiticamente l’entità di tali aumenti, per compagnie, tratte, periodi dell’anno e tipologie di viaggio.
Lo riconosce la stessa A.G.C.M., che, infatti, quale proxy del prezzo medio unitario ha utilizzato il ricavo medio unitario per passeggero: un dato che ha certamente un cospicuo interesse economico – e evidentemente anche politico, data la rilevanza dei collegamenti tra Sardegna e Italia continentale – ma che non sembra determinante, quando si debba appurare l’esistenza di un preventivo coordinamento tra gli operatori economici che forniscono i servizi di trasporto in questione: obiettivo per cui sarebbe di certo importante conoscere i rispettivi aumenti tariffari, con le corrispondenze, anche temporali, ovvero le divergenze, al fine di confermare o meno la ritenuta concertazione.
3.2.3. Al contrario, nel provvedimento l’Autorità non è riuscita a stabilire la concreta dinamica dell’aumento dei prezzi, ricostruito in modo sommario e parziale per cui mancano elementi rassicuranti per affermare che tutti gli operatori hanno aumentato le tariffe in modo omogeneo, con indirizzi uniformi e sincronismi sospetti.
3.2.4. In effetti, come a gestione computerizzata delle prenotazioni ormai consente, le tariffe, non sono fissate rigidamente all’inizio dell’anno, per un periodo di tempo predefinito, se non per ampi limiti di fascia: all’interno di queste i prezzi variano cospicuamente, adattandosi alle caratteristiche del mercato in generale, e alla domanda per un determinato percorso e singolo viaggio.
3.2.5. I prezzi sono conoscibili da tutti, e infatti ogni compagnia monitora costantemente quelli delle altre e ciò, di per sé, non presenta profili d’illiceità.
È allora astrattamente plausibile che una delle società di navigazione interessate – tutte in perdita, va detto, nel periodo d’interesse - abbia deciso in piena autonomia di avviare una prima serie di aumenti, ed a questi siano seguiti, in pari autonomia, quelli delle altre compagnie, che avevano appreso dei primi, e a quel punto avevano ritenuto non più conveniente continuare a praticare prezzi che non ripagavano i costi del servizio.
3.2.6. In altre parole, il semplice aumento dei prezzi non dimostra di per sé l’esistenza di un’intesa preventiva: questa non è cioè non è l’unico possibile antecedente ignoto del fatto noto, costituito dall’incremento tariffario.
3.3.2. Come meglio si vedrà più avanti non vi è qui la prova diretta della concertazione, sicché se ne dovrebbe individuare quella indiretta, basata su specifici indizi, gravi, precisi e concordanti, i quali dimostrino che quel dato comportamento parallelo sul mercato non può spiegarsi altrimenti che con una concertazione.
3.3.3. Ora, il Collegio non ritiene che l’Autorità abbia fornito un adeguato apparato argomentativo in tal senso, ché non basta sostenere che l’aumento è inspiegabile se non con un accordo, né questo si desume dai rilievi critici formulati sugli argomenti difensivi proposti da Moby – senza essere neppure obbligata a farlo, e senza determinare un’inversione dell’onere della prova –nel corso del procedimento per giustificare la decisione di disporre gli aumenti: ma sembra utile esaminare ora quegli stessi elementi per confermare la conclusione appena raggiunta.
3.4.1. Invero, la ricorrente, per giustificare l’incremento dei prezzi, aveva fatto rilevare anzitutto che la ricorrente aveva mantenuto le tariffe invariate, o le aveva addirittura ridotte fino al 2009, e nel 2010 Moby aveva registrato perdite per € 20.859.000,00 (nel 2011 saranno pari a € 2.482.000,00 e a € 15.533.000,00 nel 2012), in disparte l’obbligo di assicurare il rientro dei finanziamenti ottenuti (covenants).
Aveva ancora rappresentato come il combustibile avesse subito cospicui aumenti (29% nel 2010 e 39% nel 2011), e come, in termini generali, che la domanda di trasporto marittimo, segnatamente quello verso la Sardegna, fosse andata diminuendo (per Moby il 3% in meno nel 2010).
3.4.2. Ora, su ciascuno di questi elementi il provvedimento oppone le proprie obiezioni, cui il ricorso presenta le relative controrepliche, ma al Collegio sembra qui inutile esaminare in dettaglio queste e quelle.
È invece sufficiente notare che gli elementi indicati da Moby – entità delle perdite, aumento del carburante, riduzione dei passeggeri – siano corretti nella loro presenza e misura, nell’insieme cospicua: tale cioè da rendere verosimile, secondo ragionevolezza, la decisione sua e delle altre compagnie, d’incrementare le tariffe anche senza accordi preventivi (nello stesso anno GNV aveva subito perdite per 37,9 milioni di euro).
3.4.3. Il Collegio non vuole così affermare che sicuramente per le tariffe non vi fu una pratica concordata (o che non sia stata comunque segnalata da un’impresa all’altra una decisione ormai assunta), ma soltanto che il provvedimento impugnato e gli atti istruttori non ne attestano l’esistenza.
3.4.4. In particolare non è dimostrato che gli aumenti di Moby – che tra l’altro, come visto, non sono puntualmente definiti - siano sproporzionati alla misura delle perdite.
A sua volta, l’affermazione dell’Autorità, per cui l’aumento dei prezzi, se non concordato prima, non sarebbe mai stato disposto perché avrebbe potuto solo produrre ulteriori perdite, costituisce un argomento decisamente opinabile.
3.4.5. Esso non considera, anzitutto, che ciascun concorrente era consapevole delle analoghe difficoltà delle altre compagnie e poteva ragionevolmente contare che sarebbe stato seguito: e così è stato, secondo quanto la stessa Autorità ha riconosciuto, per Forship, che non è stata sanzionata, sebbene abbia essa pure incrementato i prezzi, in quanto la stessa avrebbe svolto un ruolo di follower delle politiche di prezzo dei concorrenti.
Inoltre, poiché, come si è visto, tutte le società di navigazione attuano un costante monitoraggio dei prezzi delle altre compagnie, nulla avrebbe impedito di riconsiderare gli aumenti disposti, se i concorrenti non li avessero disposti.
3.4.6. Non si può del resto dimenticare che, come si è già accennato, proprio nel corso del 2011 avrebbe dovuto essere acquistata dalla ricordata Compagnia Italiana di Navigazione – C.I.N. (inizialmente composta, da Gruppo Grimaldi, Moby Lines e Marinvest: altra vicenda assai tormentata, per le implicazioni in materia di tutela della concorrenza) la Tirrenia di Navigazione S.p.A., a controllo pubblico e in stato d’insolvenza dalla metà del 2010.
Questa aveva svolto per lunghi anni il trasporto marittimo anche con la Sardegna a prezzi decisamente contenuti, e ormai ragionevolmente non più praticabili: e la prossima trasformazione di un concorrente, che aveva bensì sino ad allora imposto un calmieramento del settore, pervenendo tuttavia, in sostanza, al fallimento, può aver sollecitato le compagnie, ciascuna autonomamente, a disporre l’aumento delle tariffe.
3.5.1. Non vi sono poi dubbi che le relazioni intercorse tra Moby e le altre società che avrebbero costituito la C.I.N. non offrono concreti elementi utili per sostenere l’esistenza di una pratica concordata.
Si può bensì congetturare che tra i futuri soci vi siano stati dei patti parasociali occulti, riferiti anche alle tariffe, ma ne manca sia un riscontro diretto (e ciò è comprensibile), sia qualsiasi indizio indiretto: e la verosimiglianza, da sola, non può essere ritenuta sufficiente.
3.5.2. Per quanto infine riguarda gli accordi di code sharing, neppure questi forniscono qualche utile indizio di un preventivo accordo: anche qui le intese note non presuppongono, o non rendono comunque probabili quella ignota. riferita alle tariffe delle due società.
4. In conclusione, non si possono che accogliere le due censure.
L’Autorità non è riuscita effettivamente a dimostrare, nemmeno per presunzioni, la fondatezza della sua tesi, ovvero che gli aumenti di prezzi praticati da Moby siano stati l’effetto di una pratica concordata.
Il fatto che ciò sia astrattamente possibile non è evidentemente sufficiente, dato che l’assenza di un accordo preventivo è egualmente sostenibile, nelle concrete condizioni in cui gli aumenti sono stati disposti, né l’interesse pubblico al mantenimento delle preesistenti tariffe può minimamente interferire con la necessità di un rispetto di ineludibili principi in materia di ripartizione dell’onere della prova.
4.2. I restanti motivi di ricorso possono essere assorbiti.
Le spese di lite, compensate per metà, seguono per il resto la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto annulla il provvedimento in epigrafe impugnato, nella parte in cui condanna Moby S.p.A., al pagamento di una sanzione pari ad € 5.462.310.
Compensa integralmente le spese di lite tra la ricorrente, la controinteressata e gli intervenienti e in ragione della metà tra quella e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato - Antitrust, che condanna alla rifusione del residuo in favore di Moby, liquidandolo in € 10.000,00 per compensi oltre i.v.a.e c.p.a. spese generali, oltre alla rifusione della somma versata a titolo di contributo unificato, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio addì 29 gennaio 2014 con l'intervento dei signori magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere, Estensore
Alessandro Tomassetti, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)